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AVVERTENZE
L'ossigeno deve essere somministrato con cautela, con aggiustamenti in funzione delle esigenze del singolo paziente. Deve essere somministrata la dose piu' bassa che permette di mantenere la pressione a 8 kPa (60 mmHg). Concentrazioni piu' elevate devono essere somministrate per il periodo piu' breve possibile, monitorando i valori dell'emogasanalisi frequentemente. L'ossigeno puo' essere somministrato in sicurezza alle seguenti concentrazioni e per i seguenti periodi di tempo. Fino a 100%: meno di 6 ore; 60-70%: 24 ore; 40-50%: nel corso del secondo periodo di 24 ore. L'ossigeno e' potenzialmente tossico dopo due giorni a concentrazioni superiori al 40%. Concentrazioni basse di ossigeno devono essere usate per pazienti con insufficienza respiratoria in cui lo stimolo per la respirazione e' rappresentato dall'ipossia. In questi casi e' necessario monitorare attentamente il trattamento, misurando la tensione arteriosa di ossigeno (PaO2), o tramite pulsometria (saturazione arteriosa di ossigeno - SpO2) e valutazioni cliniche. La somministrazione di ossigeno a pazienti affetti da insufficienza respiratoria indotta da farmaci (oppioidi, barbiturici) o da bronco-pneumopatie croniche-ostruttive (BPCO) potrebbe aggravare ulteriormente l'insufficienza respiratoria a causa dell'ipercapnia costituita dall'elevata concentrazione nel sangue (plasma) di anidride carbonica, che annulla gli effetti sui recettori. Nei neonati a termine e nei prematuri, la somministrazione di ossigeno ad una concentrazione superiore al 30-40% genera effetti indesiderati quali fibroplasia retrolenticolare, malattie polmonari croniche, emorragie intraventricolari. Vi e' infatti una insufficiente produzione degli enzimi antiossidanti endogeni, quindi vi e' una impossibilita' nel contrastare la produzione e gli effetti tossici dei composti reattivi dell'ossigeno. In questi casi deve essere somministrata la piu' bassa concentrazione di ossigeno efficace e la pressione arteriosa di ossigeno deve essere monitorata da vicino e deve essere mantenuta al di sotto di 13,3 kPa (100 mmHg). Le concentrazioni elevate di ossigeno nell'aria o nel gas inalato determinano la caduta della concentrazione e della pressione di azoto. Questo riduce anche la concentrazione di azoto nei tessuti e nei polmoni (alveoli). Se l'ossigeno viene assorbito nel sangue attraverso gli alveoli piu' velocemente di quanto venga fornito attraverso la ventilazione, gli alveoli possono collassare (atelectasia). Questo puo' ostacolare l'ossigenazione del sangue arterioso, perche' non avvengono scambi gassosi nonostante la perfusione. Nei pazienti con una ridotta sensibilita' alla pressione dell'anidride carbonica nel sangue arterioso, gli elevati livelli di ossigeno possono causare ritenzione di anidride carbonica. In casi estremi, questo puo' portare a narcosi da anidride carbonica. La somministrazione di ossigeno in camera iperbarica deve essere attentamente valutata in funzione del rapporto rischio/beneficio, in caso di: otiti e/o sinusiti recidivanti; patologie cardiache ischemiche e/o congestizie; ipertensione arteriosa non trattata farmacologicamente; patologie polmonari restrittive e/o restrittive di grado elevato; glaucoma, distacco di retina anche se trattato chirurgicamente (manovre di compensazione). Pazienti affetti da diabete mellito. La terapia iperbarica puo' interferire nel metabolismo del glucosio. Gli effetti vasocostrittori della terapia iperbarica possono inoltre compromettere l'assorbimento sottocutaneo dell'insulina, rendendo il paziente iperglicemico. SICUREZZA. E' importante ricordare che l'ossigeno e' un comburente e pertanto alimenta la combustione. In presenza di sostanze combustibili quali i grassi (oli, lubrificanti) e sostanze organiche (tessuti, legno, carta, materie plastiche, ecc.) l'ossigeno puo' spontaneamente, per effetto di un innesco (scintilla, fiamma libera, fonte di accensione), oppure per effetto della compressione adiabatica che puo' accadere nelle apparecchiature di riduzione della pressione (riduttori) durante una riduzione repentina della pressione del gas, attivare una combustione. Di conseguenza, tutte le sostanze con le quali l'ossigeno viene a contatto devono essere classificate come sostanze compatibili con il prodotto nelle normali condizioni di utilizzo. Qualsiasi sistema o contenitore per l'erogazione dell'ossigeno deve essere tenuto lontano da fonti di calore a causa della comburenza dell'ossigeno: vanno quindi prese le dovute precauzioni in merito sia in ambiente ospedaliero che domestico in presenza di ossigeno medicinale. L'ossigeno puo' provocare l'improvviso incendio di materiali incandescenti o di braci; per questo motivo non e' permesso fumare o tenere fiamme accese libere e non schermate in prossimita' dei recipienti e dei sistemi di erogazione. Non fumare nell'ambiente in cui si pratica ossigenoterapia. Non disporre bombole o contenitori in prossimita' di fonti di calore. Non deve essere utilizzata alcuna attrezzatura elettrica che puo' emettere scintille nelle vicinanze dei pazienti che ricevono ossigeno. E' assolutamente vietato intervenire in alcun modo sui raccordi dei contenitori, sulle apparecchiature di erogazione e sui relativi accessori o componenti (OLIO E GRASSI POSSONO PRENDERE SPONTANEAMENTE FUOCO A CONTATTO CON L'OSSIGENO). Deve essere evitato qualsiasi contatto con olio, grasso o altri idrocarburi. E' assolutamente vietato manipolare le apparecchiature o i componenti con le mani o gli abiti o il viso sporchi di grasso olio creme ed unguenti vari. Non usare creme e rossetti grassi. In ambiente sovraossigenato l'ossigeno puo' saturare gli abiti. E' assolutamente vietato toccare le parti congelate (per i criocontenitori). Le bombole ed i contenitori criogenici mobili non possono essere usati se vi sono danni evidenti o si sospetta che siano stati danneggiati o siano stati esposti a temperature estreme. Possono essere usate solo apparecchiature adatte e compatibili con l'ossigeno per il modello specifico di recipiente. - Non si possono usare pinze o altri utensili per aprire o chiudere la valvola della bombola, al fine di prevenire il rischio di danni. A· In caso di perdita, la valvola della bombola deve essere chiusa immediatamente, se si puo' farlo in sicurezza. Se la valvola non puo' essere chiusa, la bombola deve essere portata in un posto piu' sicuro all'aperto per permettere all'ossigeno di fuoriuscire liberamente. Le valvole delle bombole vuote devono essere tenute chiuse. L'ossigeno ha un forte effetto ossidante e puo' reagire violentemente con sostanze organiche. Questo e' il motivo per cui la manipolazione e la conservazione dei recipienti richiedono particolari precauzioni. Non e' permesso somministrare il gas in pressione.
CATEGORIA FARMACOTERAPEUTICA
Gas medicinali puri e miscele di gas.
CONSERVAZIONE
Osservare tutte le regole pertinenti all'uso e alla movimentazione delle bombole sotto pressione e dei recipienti contenenti liquidi criogenici. Conservare le bombole e i recipienti criogenici mobili a temperature comprese tra -10 gradi C e 50 gradi C, in ambienti ben ventilati, oppure in rimesse ben ventilate, evitando la formazione di atmosfere sovraossigenate (O2> 21% vol.), in posizione verticale con le valvole chiuse, protetti da pioggia, intemperie, dall'esposizione alla luce solare diretta, lontano da fonti di calore o d'ignizione e da materiali combustibili. I recipienti vuoti o che contengono altri tipi di gas devono essere conservati separatamente. I contenitori criogenici fissi, installati presso le strutture sanitarie, devono essere collocati all'aperto secondo quanto specificato dalla Circolare 99/1964, in zone confinate e protette, con accessi limitati agli addetti, gestiti e mantenuti secondo le indicazioni fornite da ciascun Fabbricante. Si tratta di apparecchiature a pressione e quindi soggette alla Direttiva CE PED e/o al Decreto Ministeriale del 21/11/1972.
CONTROINDICAZIONI/EFF.SECONDAR
In condizioni normobariche non esistono controindicazioni assolute. In condizioni iperbariche, il trattamento e' controindicato in caso di: enfisema bolloso; asma evolutiva; pneumotorace, anamnesi pregressa di pneumotorace; BPCO; polmonite da Pneumocystis carinii; stato di male epilettico; claustrofobia; gravidanza normoevolvente (primo trimestre) per patologie non acute; infezioni delle alte vie respiratorie; ipertermia; sferocitosi ereditaria; neurite del nervo ottico; tumori maligni; acidosi; somministrazione concomitante di alcuni farmaci quali doxorubicina, adriamicina, bleomicina, daunorubicina, steroidi, disulfiram, e di sostanze quali alcool, idrocarburi aromatici, cis-platino, nicotina; infanti prematuri.
DENOMINAZIONE
OSSIGENO GAS TECNICI FOLIGNO
ECCIPIENTI
Non applicabile.
EFFETTI INDESIDERATI
Nei pazienti con insufficienza respiratoria cronica ipossiemica o ipossiemico-ipercapnica, e' possibile l'insorgenza (o il peggioramento) di ipoventilazione alveolare (ipercapnia) con conseguente acidosi, seguente all'induzione di depressione respiratoria dovuta alla soppressione dello stimolo ventilatorio causata dall'effetto del brusco aumento della pressione parziale di ossigeno a livello dei chemorecettori carotidei e aortici. La somministrazione di ossigeno a pazienti affetti da depressione respiratoria indotta da farmaci (oppioidi, barbiturici) o da BPCO potrebbe deprimere ulteriormente la ventilazione dato che, in queste condizioni, l'ipercapnia non e' piu' in grado di stimolare i chemorecettori centrali mentre l'ipossia e' ancora in grado di stimolare i chemorecettori periferici. In particolare, nei pazienti con insufficienza respiratoria cronica, e' possibile l'insorgenza di apnea da depressione respiratoria legata all'improvvisa soppressione della ventilazione dovuta al brusco aumento della pressione parziale di ossigeno a livello dei chemorecettori carotidei e aortici. La somministrazione di ossigeno puo' causare una lieve riduzione della frequenza e della gittata cardiaca. L'inalazione di forti concentrazioni di ossigeno puo' dare origine a microatelectasie causate dalla diminuzione dell'azoto negli alveoli e dall'effetto diretto dell'ossigeno sul surfactante alveolare. L'inalazione di ossigeno al 100%, puo' aumentare del 20-30% gli shunt intrapolmonari per atelectasia secondaria alla denitrogenazione delle zone mal ventilate e per ridistribuzione della circolazione polmonare dovuta al conseguente drastico innalzamento della PaO2. L'ossigenoterapia iperbarica puo' dare origine a barotrauma da iper-pressione sulle pareti delle cavita' chiuse, come l'orecchio interno, con rischio di edema o rottura della membrana timpanica (con dolore ed eventuale emorragia), o dei polmoni, con conseguente rischio di pneumotorace, mal di denti, implosione od esplosione dei denti, flatulenza, dolore da colica. L'ossigenoterapia iperbarica oltre i 2 bar puo' occasionalmente indurre nausea, vomito, capogiro, ansia, confusione, stordimento, midriasi, crampi muscolari, mialgia, abbassamento del livello di coscienza (fino alla perdita di conoscenza), emiplegia e disturbi visivi (anche con perdita della vista) di tipo transitorio e reversibili con la riduzione della pressione parziale di ossigeno, atassia, vertigini, tinnito, perdita dell'udito. I pazienti sottoposti ad ossigenoterapia iperbarica possono essere soggetti a crisi di claustrofobia. A seguito di ossigenoterapia con una concentrazione di ossigeno del 100% per piu' di 6 ore, in particolare in somministrazione iperbarica, sono state riferite crisi convulsive ed attacchi epilettici. Elevati flussi di ossigeno non umidificato possono produrre secchezza e irritazione delle mucose delle vie aeree (congestione o occlusione dei seni paranasali con dolore e perdita ematica) e degli occhi, cosi' come un rallentamento della clearance muco-ciliare delle secrezioni. A seguito della somministrazione di concentrazioni di ossigeno superiori all'80%, possono verificarsi lesioni polmonari. Nei neonati, in particolare quelli prematuri, esposti a forti concentrazioni di ossigeno FiO2 > 40%, PaO2 > di 80mmHg o per periodi prolungati (piu' di 10 giorni a una FiO2 > 30%), si puo' verificare rischio di retinopatia di tipo fibroplastico retrolenticolare temporaneo o permanente. In tal caso puo' avvenire il distacco della retina e anche cecita' permanente, displasia broncopolmonare, sanguinamento subependimale ed intraventricolare, nonche' enterocolite necrotizzante. La somministrazione di ossigeno modifica la quantita' di ossigeno trasportata e ceduta ai vari tessuti. Un aumento della concentrazione locale di ossigeno, principalmente della frazione disciolta, porta ad un aumento della produzione di composti reattivi dell'ossigeno e, di conseguenza, ad un aumento di enzimi antiossidanti o di composti anti-ossidanti endogeni. Il potenziale danno ossidativo diretto dell'ossigeno e' da valutare nella gestione dei prematuri che possono risentire negativamente ed in modo persistente della perossidazione lipidica a carico delle membrane cellulari. In tali soggetti, che non dispongono ancora di un patrimonio di antiossidanti endogeni ad effetto protettivo, la somministrazione di ossigeno puo' contribuire allo sviluppo di condizioni patologiche persistenti a carico del parenchima polmonare (displasia broncopolmonare; fibrosi polmonare), fino all'insufficienza respiratoria. Segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione.
GRAVIDANZA E ALLATTAMENTO
Non ci sono delle controindicazioni per l'uso dell'ossigeno a pressione atmosferica (pressione inferiore a 0,6 atm) in gravidanza o durante l'allattamento. L'utilizzo del trattamento iperbarico e' controindicato nella gravidanza normoevolvente (primo trimestre) per patologie non acute. L'utilizzo della terapia iperbarica in gravidanza potrebbe indurre stress ossidativo provocando danni al DNA del feto. In casi di grave intossicazione da monossido di carbonio il rapporto beneficio/rischio sembra rassicurare verso l'uso della terapia iperbarica.
INDICAZIONI
Trattamento dell'insufficienza respiratoria acuta e cronica. Trattamento in anestesia, in terapia intensiva, in camera iperbarica.
INTERAZIONI
L'ossigeno non deve essere somministrato in concomitanza con la somministrazione di farmaci che ne aumentano la tossicita', come catecolamine (ad es. epinefrina, norepinefrina), corticosteroidi (ad es. desametasone, metilprednisolone), ormoni (ad es. testosterone, tiroxina), chemioterapici (bleomicina, ciclofosfammide, 1,3-bis(2-chloroethyl)-1-nitrosourea) ed agenti antimicrobici (ad es. nitrofurantoina). I raggi X possono aumentare la tossicita' dell'ossigeno. Anche l'ipertiroidismo e la mancanza di vitamina C, vitamina E o di glutatione possono produrre lo stesso effetto. La tossicita' polmonare associata con farmaci come bleomicina, actinomicina, amiodarone, nitrofurantoina e antibiotici simili puo' essere accresciuta dall'inalazione concomitante di alte concentrazioni di ossigeno. Nei pazienti che sono stati trattati per danno polmonare indotto da radicali liberi, la terapia a base di ossigeno puo' peggiorare il danno, per esempio nel trattamento dell'avvelenamento da paraquat. L'ossigeno puo' anche peggiorare la depressione respiratoria indotta dall'alcool. Farmaci noti per indurre eventi avversi comprendono: adriamicina, menadione, promazina, clorpromazina, tioridazina e clorochina. Gli effetti saranno particolarmente pronunciati nei tessuti con livelli elevati di ossigeno, specialmente i polmoni.
POSOLOGIA
L'ossigeno viene somministrato attraverso l'aria inalata, preferibilmente ricorrendo ad apparecchi dedicati; il dosaggio al paziente viene effettuato indipendentemente dalla confezione del gas medicinale tramite apparecchi dosatori. Con questi sistemi, l'ossigeno viene somministrato attraverso l'aria inspirata, mentre il gas espirato e l'eventuale eccesso di ossigeno lasciano il circuito inspiratorio del paziente mescolandosi con l'aria circostante. In anestesia e' spesso utilizzato un sistema particolare che permette di inspirare nuovamente il gas precedentemente espirato dal paziente. L'ossigeno puo' anche essere somministrato direttamente nel sangue attraverso un ossigenatore, con un sistema di by-pass cardiopolmonare in cardiochirurgia ed in altri casi in cui e' richiesta la circolazione extracorporea. Esistono numerosi dispositivi destinati alla somministrazione dell'ossigeno, e si distinguono in: sistemi a basso flusso. E' il sistema piu' semplice per la somministrazione di una miscela di ossigeno nell'aria inspirata. Sistemi ad alto flusso. Sistemi progettati per fornire al paziente una miscela di gas garantendone il fabbisogno respiratorio totale. Questi sistemi sono progettati per rilasciare concentrazioni stabilite e costanti di ossigeno che non vengono influenzate/diluite dall'aria circostante. Sistemi con valvola a richiesta. Sistemi progettati per erogare ossigeno al 100% senza entrare in contatto con l'aria ambiente. E' destinato per breve tempo, solo per necessita'. Ossigenoterapia iperbarica. L'ossigenoterapia iperbarica viene effettuata in una speciale camera pressurizzata progettata appositamente in cui si puo' mantenere una pressione 3 volte superiore a quella atmosferica. L'ossigenoterapia iperbarica puo' anche essere somministrata attraverso una maschera a perfetta tenuta, un casco o un tubo endotracheale. Ossigenoterapia normobarica Per ossigeno terapia normobarica si intende la somministrazione di una miscela gassosa piu' ricca in ossigeno di quella dell'aria atmosferica, contenente cioe' una percentuale in ossigeno nell'aria ispirata superiore al 21%, ad una pressione parziale compresa tra 0,21 e 1 atmosfera. Ai pazienti non affetti da insufficienza respiratoria, l'ossigeno puo' essere somministrato con ventilazione spontanea mediante cannule nasali, sonde nasofaringee o maschere idonee. Ai pazienti con insufficienza respiratoria o anestetizzati, l'ossigeno deve essere somministrato in ventilazione assistita. Le bombole di ossigeno hanno all'interno una pressione massima di circa 150-200 bar. Moltiplicando la cifra indicata dal manometro per il contenuto in litri della bombola si ottiene la quantita' di ossigeno ancora disponibile nella bombola. Con ventilazione spontanea. Pazienti con insufficienza respiratoria cronica: somministrare ossigeno ad un flusso tra 0,5 e 2 litri/minuto, adattabile in base alla gasometria. Pazienti con insufficienza respiratoria acuta: somministrare ossigeno ad un flusso tra 0,5 e 15 litri/minuto, adattabile in base alla gasometria. Con ventilazione assistita. Il valore minimo di FiO2 e' il 21%, e puo' salire fino al 100%. Lo scopo terapeutico dell'ossigenoterapia e' quello di assicurare che la pressione parziale arteriosa dell'ossigeno non sia inferiore a 8 kPa o che l'emoglobina saturata di ossigeno nel sangue arterioso non sia inferiore al 90% mediante la regolazione della frazione di ossigeno inspirato. La dose deve essere adattata in base alle esigenze individuali del singolo paziente. La raccomandazione generale e' quella di utilizzare il valore minimo di FiO2 necessario per raggiungere l'effetto terapeutico desiderato, ovvero valori di PaO2 entro la norma. In condizioni di grave ipossiemia, possono essere indicati anche valori di FiO2 che comportano un potenziale rischio di intossicazione da ossigeno. E' necessario un monitoraggio continuo della terapia ed una valutazione costante dell'effetto terapeutico, attraverso la misurazione dei livelli della PaO2 o in alternativa, della saturazione di ossigeno arterioso (SpO2). Nell'ossigenoterapia a breve termine, la frazione di ossigeno inspirato (FiO2) deve essere tale da mantenere un livello di PaO2 > 8 kPa con o senza pressione di fine espirazione positiva (PEEP) o pressione positiva continua, evitando possibilmente valori di FiO2> 0,6 ovvero del 60% di ossigeno nella miscela di gas inalato. L'ossigenoterapia a breve termine deve essere monitorata con ripetute misurazioni del gas nel sangue arterioso o mediante ossimetria transcutanea che fornisce un valore numerico della saturazione di emoglobina con l'ossigeno. Per trattamenti a lungo termine, il fabbisogno di ossigeno supplementare deve essere determinato dai valori del gas stesso misurati nel sangue arterioso. Per evitare eccessivi accumuli di anidride carbonica deve essere monitorato l'ossigeno nel sangue, cosi' da regolare l'ossigenoterapia in pazienti con ipercapnia. Devono essere usati bassi livelli di concentrazione dell'ossigeno nei pazienti con insufficienza respiratoria in cui lo stimolo per la respirazione e' rappresentato dall'ipossia. La concentrazione di ossigeno nell'aria inalata non deve superare il 28%; in alcuni pazienti persino il 24% puo' essere eccessivo. Se l'ossigeno e' miscelato con altri gas, la sua concentrazione nella miscela di gas inalato deve essere mantenuta almeno al 21%. In pratica, si tende a non scendere al di sotto del 30%. Ove necessario, la frazione di ossigeno inalato puo' essere aumentata fino al 100%. I neonati possono ricevere il 100% di ossigeno quando necessario. Si raccomanda comunque di evitare una concentrazione di ossigeno eccedente il 40% per ridurre il rischio di danno al cristallino o di collasso polmonare. La pressione di ossigeno nel sangue arterioso deve essere monitorata, tuttavia se viene mantenuta sotto i 13,3 kPa e sono evitate significative variazioni nell'ossigenazione, il rischio di danno oculare e' ridotto. Inoltre, il rischio di danno oculare puo' essere ridotto evitando fluttuazioni notevoli della ossigenazione. Per ossigenoterapia iperbarica si intende un trattamento con 100% di ossigeno a pressioni di 1.4 volte superiori alla pressione atmosferica a livello del mare. Per ragioni di sicurezza la pressione nell'ossigenoterapia iperbarica non dovrebbe superare le 3 atm. La durata delle sedute in una camera iperbarica a una pressione da 2 a 3 atmosfere e' tra 60 minuti e 4-6 ore. Queste sessioni possono essere ripetute da 2 a 4 volte al giorno, in funzione dello stato clinico del paziente. La compressione e la decompressione dovrebbero essere condotte lentamente in accordo con le procedure adottate comunemente, in modo da evitare il rischio di danno pressorio a carico delle cavita' anatomiche contenenti aria e in comunicazione con l'esterno. L'ossigenoterapia iperbarica deve essere effettuata da personale qualificato per questo trattamento.
PRINCIPI ATTIVI
Ossigeno 100%.