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AVVERTENZE
Assenza di benefici negli esiti clinici in pazienti con angina pectoris cronica stabile sintomatica: ivabradina e' indicata solo per il trattamento sintomatico dell'angina pectoris cronica stabile in quanto ivabradina non ha mostrato benefici sugli esiti cardiovascolari (ad esempio, infarto del miocardio o morte cardiovascolare). Misurazione della frequenza cardiaca: dato che la frequenza cardiaca puo' fluttuare considerabilmente nel tempo, quando si determina la frequenza cardiaca prima di iniziare il trattamento con ivabradina e quando si prende in considerazione una titolazione del dosaggio in pazienti in trattamento con ivabradina, devono essere valutate ripetute misurazioni della frequenza cardiaca, un ECG o un monitoraggio ambulatoriale nelle 24 ore. Questo si applica anche ai pazienti con una bassa frequenza cardiaca, in particolare quando la frequenza cardiaca diminuisce sotto i 50 bpm, o dopo una riduzione della dose. Aritmie cardiache: l'ivabradina non e' efficace nel trattamento o nella prevenzione di aritmie cardiache e verosimilmente perde la sua efficacia quando insorge una tachiaritmia (ovvero una tachicardia ventricolare o sopraventricolare). L'ivabradina non e' pertanto raccomandata nei pazienti con fibrillazione atriale o altre aritmie cardiache che interferiscono con la funzione del nodo senoatriale. Nei pazienti trattati con ivabradina, il rischio di sviluppare fibrillazione atriale e' aumentato. La fibrillazione atriale e' stata riportata piu' comunemente nei pazienti che assumono contemporaneamente amiodarone o potenti antiaritmici di classe I. Si raccomanda di effettuare regolarmente controlli clinici nei pazienti trattati con ivabradina per verificare l'eventuale comparsa di fibrillazione atriale (prolungata o parossistica). Questi controlli devono includere anche un monitoraggio ECG, se clinicamente indicato (ad esempio, nel caso di aggravamento dell'angina, palpitazioni, pulsazioni irregolari). I pazienti devono essere informati dei segni e sintomi della fibrillazione atriale e devono essere avvisati di contattare il medico qualora questi segni e sintomi si manifestassero. Se si sviluppa fibrillazione atriale durante il trattamento, deve essere attentamente riconsiderato il rapporto tra i benefici e i rischi della continuazione del trattamento con ivabradina. I pazienti con insufficienza cardiaca cronica che presentano difetti della conduzione intraventricolare (blocco di branca sinistro, blocco di branca destro) e dissincronia ventricolare devono essere monitorati attentamente. Uso in pazienti con blocco AV di secondo grado: l'ivabradina non e' raccomandata in pazienti con blocco AV di secondo grado. Uso in pazienti con ridotta frequenza cardiaca: l'ivabradina non deve essere somministrata a pazienti con frequenza cardiaca a riposo, prima del trattamento, inferiore a 70 battiti al minuto. Se, durante il trattamento, la frequenza cardiaca a riposo si riduce in modo persistente al di sotto di 50 bpm o se il paziente riferisce sintomi legati a bradicardia come capogiro, affaticamento o ipotensione, la dose deve essere ridotta, oppure il trattamento deve essere interrotto se la frequenza cardiaca si mantiene al di sotto di 50 bpm o se persistono i sintomi dovuti alla bradicardia. Associazione con calcio-antagonisti: l'uso combinato dell'ivabradina con calcio-antagonisti che riducono la frequenza cardiaca come il verapamil o il diltiazem e' controindicato. Non e' emerso alcun problema in termini di sicurezza dalla combinazione dell'ivabradina con nitrati e con i calcio-antagonisti di tipo diidropiridinico come l'amlodipina. Non e' stata dimostrata un'efficacia aggiuntiva dell'ivabradina in associazione con i calcioantagonisti di tipo diidropiridinico. Insufficienza cardiaca cronica: l'insufficienza cardiaca deve essere stabile prima di considerare il trattamento con ivabradina. Ivabradina deve essere utilizzata con cautela nei pazienti affetti da insufficienza cardiaca in classe funzionale NYHA IV, poiche' sono disponibili dati limitati in questa popolazione. Ictus: l'uso dell'ivabradina non e' raccomandato subito dopo un ictus poiche' non vi sono dati disponibili. Funzione visiva: l'ivabradina influenza la funzione retinica. Ad oggi, non vi e' evidenza di un effetto tossico dell'ivabradina sulla retina. Deve essere valutata l'interruzione del trattamento nel caso intervengano imprevisti aggravamenti della funzione visiva. E' necessario usare cautela nei pazienti con retinite pigmentosa. Pazienti con ipotensione: sono disponibili dati limitati nei pazienti con ipotensione da lieve a moderata, pertanto l'ivabradina deve essere usata con cautela in questi pazienti. L'ivabradina e' controindicata in pazienti con ipotensione grave (pressione sanguigna < 90/50 mmHg). Fibrillazione atriale. Aritmie cardiache: non vi e' evidenza di rischio di (eccessiva) bradicardia al ritorno al ritmo sinusale quando viene intrapresa una cardioversione farmacologica in pazienti in trattamento con ivabradina. Comunque, in assenza di dati esaurienti, una cardioversione elettrica (DC) non urgente deve essere presa in considerazione 24 ore dopo l'ultima assunzione di ivabradina. Uso in pazienti con sindrome congenita del QT lungo o trattati con medicinali che prolungano il QT: l'uso dell'ivabradina in pazienti con sindrome congenita del QT lungo o trattati con medicinali che prolungano il QT deve essere evitato. Se l'associazione risulta necessaria, si dovra' attuare un attento monitoraggio cardiaco. La riduzione della frequenza cardiaca, come quella causata da ivabradina, puo' esacerbare il prolungamento dell'intervallo QT, che puo' dar luogo a gravi aritmie, ed in particolare a Torsioni di punta. Pazienti ipertesi il cui trattamento antipertensivo deve essere modificato: nello studio SHIFT piu' pazienti hanno riferito episodi di aumento della pressione sanguigna mentre erano in trattamento con ivabradina (7,1%) rispetto ai pazienti trattati con placebo (6,1%). Questi episodi si sono verificati piu' frequentemente poco dopo che il trattamento antipertensivo e' stato modificato, erano transitori, e non hanno influenzato l'effetto del trattamento con ivabradina. Quando vengono effettuate modifiche del trattamento a pazienti affetti da insufficienza cardiaca cronica in trattamento con ivabradina, la pressione sanguigna deve essere monitorata dopo un appropriato intervallo di tempo. Contiene lattosio.
CATEGORIA FARMACOTERAPEUTICA
Terapie cardiache, altri preparati che agiscono sul cuore.
CONSERVAZIONE
Questo medicinale non richiede alcuna particolare condizione di conservazione.
CONTROINDICAZIONI/EFF.SECONDAR
Ipersensibilita' al principio attivo o ad uno qualsiasi degli eccipienti. Frequenza cardiaca a riposo inferiore a 70 battiti al minuto, prima del trattamento. Shock cardiogeno. Infarto miocardico acuto. Grave ipotensione (<90/50 mmHg). Grave insufficienza epatica. Sindrome del nodo del seno. Blocco seno atriale. Insufficienza cardiaca instabile o acuta. Portatori di pacemaker (frequenza cardiaca imposta esclusivamente dal pacemaker). Angina instabile. Blocco AV di terzo grado. In associazione con potenti inibitori del citocromo P450 3A4 come antifungini azolici (ketoconazolo, itraconazolo), antibiotici macrolidi (claritromicina, eritromicina per os, iosamicina, telitromicina), inibitori della proteasi HIV (nelfinavir, ritonavir) e nefazodone. In associazione con verapamil o diltiazem che sono moderati inibitori del CYP3A4 con proprieta' di riduzione della frequenza cardiaca. Gravidanza, allattamento e donne in eta' fertile che non utilizzano appropriate misure contraccettive.
DENOMINAZIONE
IVABRADINA EG
ECCIPIENTI
Betaciclodestrina, cellulosa microcristallina, croscarmellosa sodica, magnesio stearato. Pellicola di rivestimento: ipromellosa (HPMC 2910), lattosio monoidrato, titanio diossido (E 171), macrogol 4000, ossido di ferro rosso (E172), ossido di ferro giallo (E 172), ossido di ferro nero (E 172).
EFFETTI INDESIDERATI
Frequenze reazioni avverse: molto comune (>=1/10); comune (>=1/100, <1/10); non comune (>=1/1.000, <1/100); raro (>=1/10.000, <1/1.000); molto raro (<1/10.000), non nota. Patologie del sistema emolinfopoietico. Non comune: eosinofilia. Disturbi del metabolismo e della nutrizione. Non comune: iperuricemia. Patologie del sistema nervoso. Comune: cefalea, generalmente durante il primo mese di trattamento, capogiri, forse in relazione a bradicardia; non comune: sincope, forse in relazione a bradicardia. Patologie dell'occhio. Molto comune: fenomeni luminosi (fosfeni); comune: visione offuscata; non comune: diplopia, compromissione della visione. Patologie dell'orecchio e del labirinto. Non comune: vertigini. Patologie cardiache. Comune: bradicardia, blocco AV di primo grado (prolungamento dell'intervallo PQ dell'ECG), extrasistoli ventricolari, fibrillazione atriale; non comune: palpitazioni extrasistoli sopra-ventricolari; molto raro: blocco AV di secondo gravo, blocco AV di terzo grado, sindrome del nodo del seno. Patologie vascolari. Comune: pressione sanguigna non controllata; non comune: ipotensione, forse in relazione a bradicardia. Patologie respiratorie, toraciche e mediastiniche. Non comune: dispnea. Patologie gastrointestinali. Non comune: nausea, stipsi, diarrea, dolore addominale. Patologie della cute e del tessuto sottocutaneo. Non comune: angioedema, eruzione cutanea; raro: eritema, prurito, orticaria. Patologie del sistema muscoloscheletrico e del tessuto connettivo. Non comune: crampi muscolari. Patologie sistemiche e condizioni relative alla sede di somministrazione. Non comune: astenia, forse in relazione a bradicardia, affaticamento, forse in relazione a bradicardia; raro: malessere, forse in relazione a bradicardia. Esami diagnostici. Non comune: elevata creatininemia, prolungamento dell'intervallo QT all'ECG. I fenomeni luminosi (fosfeni) sono stati riferiti dal 14,5% dei pazienti, descritti come un'aumentata luminosita' transitoria in un'area limitata del campo visivo. Solitamente sono scatenati da improvvise variazioni dell'intensita' della luce. I fosfeni possono anche essere descritti come un alone, una scomposizione dell'immagine (effetti stroboscopici o caleidoscopici), intense luci colorate o immagini multiple (persistenza retinica). La comparsa dei fosfeni si manifesta generalmente entro i primi due mesi di terapia, dopodiche' possono verificarsi ripetutamente. I fosfeni sono generalmente riportati come di lieve o moderata intensita'. Tutti i fosfeni si sono risolti durante o dopo il trattamento e la maggioranza (77,5%) si e' risolta durante il trattamento. Meno dell'1% dei pazienti ha cambiato le proprie abitudini quotidiane o ha dovuto interrompere il trattamento a causa dei fosfeni. La bradicardia e' stata riferita dal 3,3% dei pazienti, soprattutto durante i primi 2-3 mesi dall'inizio del trattamento. Lo 0,5% dei pazienti ha avuto una grave bradicardia con frequenza cardiaca inferiore o uguale a 40 bpm. Nello studio SIGNIFY, e' stata osservata fibrillazione atriale nel 5,3% dei pazienti che assumevano ivabradina in confronto al 3,8% dei pazienti del gruppo placebo. In una pooled analysis di tutti gli studi clinici di fase II/III in doppio cieco controllati della durata di almeno tre mesi, che ha incluso piu' di 40.000 pazienti, l'incidenza di fibrillazione atriale e' stata del 4,86% nei pazienti trattati con ivabradina, in confronto al 4,08% del gruppo di controllo, che corrisponde ad un hazard ratio dell'1,26, 95% IC [1,15 - 1,39]. Segnalare qualsiasi reazione avversa sospetta tramite il sistema nazionale di segnalazione.
GRAVIDANZA E ALLATTAMENTO
Le donne in eta' fertile devono utilizzare appropriate misure contraccettive durante il trattamento. I dati sull'uso di ivabradina nelle donne in gravidanza non sono disponibili o sono limitati. Gli studi condotti sugli animali hanno mostrato effetti tossici sulla riproduzione. Questi studi hanno mostrato effetti embriotossici e teratogeni. Il rischio potenziale per gli esseri umani non e' noto. Pertanto, ivabradina e' controindicata durante la gravidanza. Gli studi sugli animali indicano che l'ivabradina e' escreta nel latte. Pertanto, l'ivabradina e' controindicata durante l'allattamento con latte materno. Le donne che necessitano del trattamento con ivabradina devono interrompere l'allattamento con latte materno e scegliere un metodo di nutrizione alternativo per il bambino. Gli studi sui ratti non hanno mostrato effetti sulla fertilita' di maschi e femmine.
INDICAZIONI
Trattamento sintomatico dell'angina pectoris cronica stabile. Ivabradina e' indicata per il trattamento sintomatico dell'angina pectoris cronica stabile negli adulti con coronaropatia e normale ritmo sinusale e frequenza cardiaca >= 70 bpm. Ivabradina e' indicata: negli adulti che non sono in grado di tollerare o che hanno una controindicazione all'uso dei beta- bloccanti; o in associazione ai beta-bloccanti nei pazienti non adeguatamente controllati con una dose ottimale di beta-bloccante. Trattamento dell'insufficienza cardiaca cronica Ivabradina e' indicata nell'insufficienza cardiaca cronica in classe NYHA da II a IV con disfunzione sistolica, in pazienti con ritmo sinusale e la cui frequenza cardiaca sia >= 75 bpm, in associazione con la terapia convenzionale che include il trattamento con un beta-bloccante o nel caso in cui la terapia con un betabloccante sia controindicata o non tollerata.
INTERAZIONI
Interazioni farmacodinamiche. Uso concomitante non raccomandato Medicinali che prolungano il QT: medicinali cardiovascolari che prolungano il QT (es. chinidina, disopiramide, bepridil, sotalolo, ibutilide, amiodarone); medicinali non cardiovascolari che prolungano il QT (ad es. pimozide, ziprasidone, sertindolo, meflochina, alofantrina, pentamidina, cisapride, eritromicina per via endovenosa). L'uso concomitante di medicinali cardiovascolari e non cardiovascolari che prolungano il tratto QT con ivabradina deve essere evitato in quanto l'allungamento dell'intervallo QT puo' venir esacerbato dalla riduzione della frequenza cardiaca. Se l'associazione risulta necessaria, si dovra' attuare un attento monitoraggio cardiaco. Uso concomitante con precauzioni. Diuretici che causano perdita di potassio (diuretici tiazidici e diuretici dell'ansa): l'ipopotassiemia puo' aumentare il rischio di aritmie. Dato che ivabradina puo' causare bradicardia, il risultato della combinazione di ipopotassiemia e bradicardia e' un fattore predisponente all'insorgenza di gravi aritmie, specialmente nei pazienti con sindrome del QT lungo, sia congenita che indotta da medicinali. Interazioni farmacocinetiche. Citocromo P450 3A4 (CYP3A4): l'ivabradina e' metabolizzata solamente dal CYP3A4 ed e' un inibitore molto debole di questo citocromo. E' stato dimostrato che l'ivabradina non influenza il metabolismo e le concentrazioni plasmatiche di altri substrati del CYP3A4 (inibitori deboli, moderati e potenti). Gli inibitori e gli induttori del CYP3A4 possono interagire con l'ivabradina e influenzarne il metabolismo e la farmacocinetica ad un livello clinicamente significativo. Studi di interazione tra medicinali hanno stabilito che gli inibitori del CYP3A4 aumentano le concentrazioni plasmatiche dell'ivabradina, mentre gli induttori le diminuiscono. Un aumento della concentrazione plasmatica di ivabradina puo' essere associato ad un rischio di eccessiva bradicardia. Controindicazioni all'uso in associazione: l'uso concomitante di potenti inibitori del CYP3A4 come antifungini azolici (ketoconazolo, itraconazolo), antibiotici macrolidi (claritromicina, eritromicina per os , iosamicina, telitromicina), inibitori della proteasi HIV (nelfinavir, ritonavir) e nefazodone e' controindicato. I potenti inibitori del CYP3A4 ketoconazolo (200 mg una volta al giorno) e iosamicina (1 g due volte al giorno) aumentano la concentrazione plasmatica media dell'ivabradina di 7-8 volte. Moderati inibitori del CYP3A4: studi di interazioni specifiche in volontari sani e in pazienti hanno mostrato che l'associazione di ivabradina con medicinali che riducono la frequenza cardiaca come diltiazem o verapamil porta ad un aumento della concentrazione di ivabradina (aumento dell'area sotto la curva (AUC) di 2-3 volte) e una diminuzione aggiuntiva della frequenza cardiaca di 5 bpm. L'uso concomitante di ivabradina con questi medicinali e' controindicato. Uso concomitante non raccomandato. Succo di pompelmo: la concentrazione di ivabradina viene raddoppiata in seguito alla co-somministrazione di succo di pompelmo. Percio' l'assunzione di succo di pompelmo deve essere evitata. Uso concomitante con precauzioni. Moderati inibitori del CYP3A4: l'uso di ivabradina in associazione con altri moderati inibitori del CYP3A4 (es. fluconazolo) puo' essere preso in considerazione alla dose iniziale di 2,5 mg due volte al giorno e se la frequenza cardiaca a riposo e' superiore a 70 bpm, controllando la frequenza cardiaca. Induttori del CYP3A4: gli induttori del CYP3A4 (es. rifampicina, barbiturici, fenitoina, Hypericum perforatum [erba di san Giovanni]) possono diminuire la concentrazione di ivabradina e la sua attivita'. L'uso concomitante di medicinali induttori del CYP3A4 puo' richiedere un aggiustamento della dose dell'ivabradina. E' stato dimostrato che l'uso combinato di ivabradina 10 mg due volte al giorno con l'erba di san Giovanni provoca una riduzione del 50% dell'AUC dell'ivabradina. L'assunzione dell'erba di san Giovanni deve essere limitata durante il trattamento con ivabradina. Altri usi in associazione. Studi specifici di interazione tra medicinali non hanno mostrato effetti clinicamente significativi sulla farmacocinetica e sulla farmacodinamica dell'ivabradina per i seguenti medicinali: inibitori della pompa protonica (omeprazolo, lansoprazolo), sildenafil, inibitori della HMG CoA reduttasi (simvastatina), calcioantagonisti diidropiridinici (amlodipina, lacidipina), digossina e warfarin. Inoltre, non vi sono stati effetti clinicamente significativi dell'ivabradina sulla farmacocinetica di simvastatina, amlodipina, lacidipina, sulla farmacocinetica e farmacodinamica di digossina, warfarin e sulla farmacodinamica dell'aspirina. Durante studi clinici pivotal di fase III i seguenti medicinali sono stati routinariamente associati con l'ivabradina senza nessuna evidenza in termini di sicurezza: inibitori dell'enzima di conversione dell'angiotensina, antagonisti dell'angiotensina II, beta-bloccanti, diuretici, agenti anti-aldosterone, nitrati a breve e lunga durata, inibitori della HMG CoA reduttasi, fibrati, inibitori della pompa protonica, antidiabetici orali, aspirina e altri medicinali antiaggreganti. Popolazione pediatrica: sono stati condotti studi di interazione solo negli adulti.
POSOLOGIA
Per i differenti dosaggi, sono disponibili compresse rivestite con film, contenenti 5 mg e 7,5 mg di ivabradina. Trattamento sintomatico dell'angina pectoris cronica stabile: si raccomanda che la decisione di iniziare o di titolare il trattamento sia presa dopo aver effettuato ripetute misurazioni della frequenza cardiaca, un ECG o un monitoraggio ambulatoriale nelle 24 ore. La dose iniziale di ivabradina non deve superare 5 mg due volte al giorno nei pazienti di eta' inferiore a 75 anni. Dopo 3-4 settimane di trattamento, se il paziente e' ancora sintomatico, se la dose iniziale e' ben tollerata e se la frequenza cardiaca a riposo rimane superiore a 60 bpm, la dose puo' essere aumentata alla dose successiva piu' alta nei pazienti che ricevono 2,5 mg due volte al giorno o 5 mg due volte al giorno. La dose di mantenimento non deve superare 7,5 mg due volte al giorno. Se non si ha un miglioramento dei sintomi dell'angina entro 3 mesi dall'inizio della terapia, il trattamento con ivabradina deve essere interrotto. Inoltre, se vi e' solo una limitata risposta sintomatica e quando non vi e' una riduzione clinicamente rilevante nella frequenza cardiaca a riposo entro tre mesi, deve essere presa in considerazione l'interruzione del trattamento. Se, durante il trattamento, la frequenza cardiaca a riposo si riduce al di sotto di 50 battiti al minuto (bpm) oppure se il paziente riferisce sintomi collegati a bradicardia come capogiro, affaticamento o ipotensione, il dosaggio deve essere ridotto con titolazione, considerando anche la dose piu' bassa di 2,5 mg due volte al giorno. Dopo la riduzione della dose, la frequenza cardiaca deve essere monitorata. Il trattamento deve essere interrotto se la frequenza cardiaca si mantiene sotto i 50 bpm oppure se persistono i sintomi di bradicardia nonostante la riduzione della dose. Trattamento dell'insufficienza cardiaca cronica: il trattamento deve essere iniziato solo nei pazienti con insufficienza cardiaca stabile. Si raccomanda che il medico abbia esperienza nel trattamento dell'insufficienza cardiaca cronica. La dose iniziale abituale raccomandata di ivabradina e' di 5 mg due volte al giorno. Dopo due settimane di trattamento, la dose puo' essere aumentata a 7,5 mg due volte al giorno, se la frequenza cardiaca a riposo si mantiene continuativamente sopra i 60 bpm, o diminuita a 2,5 mg due volte al giorno se la frequenza cardiaca a riposo si mantiene continuativamente sotto i 50 bpm o in caso di sintomi correlati a bradicardia quali capogiro, affaticamento o ipotensione. Se la frequenza cardiaca e' compresa tra 50 e 60 bpm, si deve mantenere la dose di 5 mg due volte al giorno. Se, durante il trattamento, la frequenza cardiaca a riposo si riduce in modo persistente al di sotto di 50 battiti al minuto (bpm) oppure se il paziente riferisce sintomi collegati a bradicardia, il dosaggio deve essere ridotto con titolazione alla dose successiva piu' bassa nei pazienti che ricevono 7,5 mg due volte al giorno o 5 mg due volte al giorno. Se la frequenza cardiaca aumenta continuativamente sopra i 60 battiti al minuto a riposo, la dose puo' essere titolata alla dose successiva piu' elevata nei pazienti che assumono 2,5 mg due volte al giorno o 5 mg due volte al giorno. Il trattamento deve essere interrotto se la frequenza cardiaca si mantiene sotto i 50 bpm oppure se persistono i sintomi di bradicardia. Anziani: nei pazienti con eta' superiore o uguale a 75 anni, deve essere presa in considerazione una dose iniziale piu' bassa (2,5 mg due volte al giorno) prima di un aumento della dose, se necessario. Insufficienza renale: non e' necessario alcun adattamento della dose nei pazienti con insufficienza renale e clearance della creatinina superiore a 15 ml/min. Non sono disponibili dati in pazienti con clearance della creatinina inferiore a 15 ml/min. L'ivabradina deve percio' essere usata con cautela in questo gruppo di pazienti. Insufficienza epatica: non e' richiesto alcun aggiustamento posologico in caso di moderata insufficienza epatica. Il trattamento di pazienti con insufficienza epatica moderata deve avvenire con cautela. L'ivabradina e' controindicata nei pazienti con grave insufficienza epatica poiche' non e' stata studiata in questo gruppo di pazienti e si prevede un ampio aumento nella concentrazione sistemica. Popolazione pediatrica: la sicurezza e l'efficacia di ivabradina per il trattamento dell'insufficienza cardiaca cronica nei bambini di eta' inferiore ai 18 anni non sono state stabilite; non puo' essere fatta alcuna raccomandazione riguardante la posologia. Modo di somministrazione: le compresse devono essere assunte per via orale 2 volte al giorno, ovvero una la mattina e una la sera, durante i pasti.
PRINCIPI ATTIVI
5 mg compresse rivestite con film: una compressa rivestita con film contiene 5 mg di ivabradina (corrispondente a 5,390 mg di ivabradina cloridrato). 7,5 mg compresse rivestite con film: una compressa rivestita con film contiene 7,5 mg di ivabradina (corrispondente a 8,085 mg di ivabradina cloridrato).